Per festeggiare la primavera mi è venuta voglia di parlare con una persona che da dodici anni la primavera, e le altre stagioni, la prepara con due mesi d’anticipo per i suoi lettori. A febbraio, mentre fuori nevica e la natura è ancora sprofondata nel sonno invernale, Emanuela Rosa Clot comincia a pensare agli articoli, alle rubriche e alle foto da pubblicare sul numero di Gardenia di aprile. Da Rabella, la splendida casa alla quale lei e suo marito hanno ridato vita, in Piemonte, sulle colline sopra Cartosio, la immagino spiare gli alberi e gli arbusti dormienti cercando di carpire i loro segreti: “Svelatemi qualcosa, sarete molto fioriti? Farete molti frutti? Chi sarà la regina della primavera?” La natura non è mai uguale a se stessa e ogni anno si presenta con nuove sorprese. Questo è il momento di cominciare a cercarle, vero, Emanuela?
“Coltivando la terra si coltiva l’anima”

Sì, è un momento di sorprese e di promesse: ora, per esempio, sto guardando il nostro albicocco e se avrà tanti fiori ogni fiore potrà essere un frutto. Però le promesse si mantengono se non piove troppo spesso sui fiori, se gli insetti impollinano, se non gela sui frutti. È un momento meraviglioso anche perché tante volte, da un anno con l’altro, ti dimentichi cosa hai messo in un vaso; oppure da un’altra parte spunta il prezzemolo che si è disseminato…
… O il vento ha portato un semino da lontano e ti ritrovi in giardino quelle che in casa nostra chiamiamo “le clandestine”, piante nuove venute da lontano che ci fa molto piacere abbiano scelto il nostro giardino per crescere. Succede, no?
Guarda, ho visitato l’orto botanico di Palermo assieme al suo direttore Paolo Inglese e al suo curatore Manlio Speciale, e mi hanno fatto vedere un muro ricoperto da un fiorellino meraviglioso, la Melasphaerula ramosa, una pianta esotica che dev’essere arrivata con qualcos’altro all’orto botanico e poi si è disseminata. Il muro è interamente ricoperto, meraviglioso, tutto fiorito. Le piante camminano.

A proposito di camminare, quando esci a fare una passeggiata in questa stagione dove guardi, cosa cerchi?
Guardo per terra e cerco le orchidee spontanee. Nella campagna da me, nella valle dell’Erro, che deve la sua fortuna al fatto di non essere stata contaminata dall’uomo, dove ho preso questa proprietà abbandonata da un po’ di anni, è pieno, pieno, pieno di questi fiori. Nascono spontanei nei prati.
Ho imparato a riconoscerne le foglioline basali, il primo getto, e le aspetto. Piano, piano, in questo posto, stiamo ripristinando dei passaggi e quando ne vedo qualcuna che sta in un posto pericoloso la sposto. E attechiscono tranquillamente.
Uh, questo è un argomento che mi piace molto. Mia mamma dice che le mie piante dovrebbero avere le ruote, tanto spesso le sposto. Sbaglio?
Nel giardino si spostano le piante. O perché non ti piacciono dove le hai messe o perché non si trovano bene. Il giardino evolve, cambia, muta, le condizioni cambiano, natura e tempo lavorano e si rendono necessari degli aggiustamenti.
Come dev’essere un giardino?
Un giardino non DEVE essere, è. Sei tu che ti adatti. Nel mio modo di vivere e godere il giardino sono stata motivata da quello che ho visto fare a Pia (Pia Pera, scrittrice, traduttrice ed espertissima giardiniera) nel suo: quando andò un fotografo per fotografarlo, entrò e chiese: “dov’è il giardino?”. Il giardino è negli occhi di chi lo conosce e lo guarda.
Noi siamo fortunati, perché Rabella è in un posto bellissimo, ha i calanchi, ha le roverelle, le ginestre. Si sarebbe potuto fare un giardino “in levare”, sai, il tempo musicale, battere e levare. Il tempo del togliere. Potremmo solo pulire dal secco e dallo sporco. Mio marito ogni tanto mi dice: “Guarda che bello quel posto lì!”. Lo pulisce, toglie i rovi e l’anno dopo c’è una flora spontanea, viene su l’erbetta e diventa un nuovo luogo.
Poi ci sono i tentativi che ho fatto io, di un giardino spontaneo, con le graminacee, le gaure, un giardino non tanto impattante. Infine c’è mio figlio, che essendo giovane, cresciuto tra le fotografie di fiori della rivista, ha un’idea più artistica del giardino. Così abbiamo delimitato alcune zone dove cerchiamo di fare delle aiuole ad alta manutenzione. Ma anche ad alta soddisfazione.
Per esempio, chi ti ha dato più soddisfazioni tra le vostre piante?
Oh, fammi pensare… le peonie dei Vivai Le Commande hanno dato un risultato strepitoso. Anche la rosa Franklin Delano Roosevelt. Ah, i nomi delle piante mi divertono tanto. I nomi raccontano storie: di chi le ha scoperte, di chi le ha ibridate. Spesso l’ibridatore le dedica a una persona cara o famosa… dedicate a un amore. È stata brava anche la rosa Ghislaine de Feligonde, facile e generosa. Ne ho messe a tre, poi una l’ho spostata perché erano cresciute troppo.

In un piccolo giardino occorre scegliere e farsi consigliare all’inizio da un esperto. Non si può mettere tutto. Allora penso a due o tre segni forti, formali, di luoghi o di piante. Paolo Peirone (famoso architetto dei giardini) insegna a usare una pianta in grande quantità per dare un segno forte, visivo; e all’interno di quello, creare zone di accoglienza e di sperimentazione.
Ci sono piante che vanno di moda?
(Sorride) Mi viene in mente quella frase da Il Diavolo veste Prada. Sai quando Miranda dice ad Andrea che il colore azzurrino del suo maglioncino è partito quattro anni prima…*? La proposta della produzione nei vivai determina quello che trovi in giro e quello che compri. Una volta la salvia era solo la elegans poi la proposta è aumentata e di salvia c’è da fare un articolo al mese.
Si vedono sempre più spesso le protee, che vengono dal Sudafrica. Penso che vedremo protee stranissime, con un loro fascino, acclimatarsi nei nostri giardini.

Immagino che vedrai molti giardini, ne ricordi uno che ti ha sorpreso più di altri?
I giardini di Alassio, di Villa della Pergola. Pensavo di trovare il giardino di un hotel e invece a ogni curva c’è una sorpresa, un angolo, un ambiente, un’atmosfera, una collezione. C’è una pergola in castagno coperta di glicini a scendere. Un posto piccolissimo che a entrarci dentro si moltiplicava. A Ischia, ricordo il giardino di Lady Walton. Mi svegliavo all’alba e non riuscivo a trattenermi, dovevo uscire e a andare a vederlo, in quel momento magico, di silenzio e inizio del giorno.

E il giardino della signora Giulia, a Valverde vicino a Catania, visitato in occasione del Radicepura Garden Festival, organizzato dai vivai Faro, una bellissima occasione in cui i garden club hanno aperto i loro giardini. Era un giardino particolarissimo: c’era una parete mezza vulcanica, sorprendente, con piante esotiche. E poi, la signroa, a cui giustamente piacciono i fiorellini, aveva messo gli iris e altri fiori, personalizzando un progetto probabilmente realizzato da un garden designer famoso, ma lei ci aveva voluto mettere del suo.
Vorrei visitare Great Dixter, in inghilterra, il giardino di Christopher Lloyd (giardiniere e scrittore), gestito da Fergus Garret, dove c’è anche una scuola di giardinaggio. Lì ci vorrei veramente andare.
Mi invitano dappertutto, ma il lavoro mi tiene in redazione: cinquantacinque, sessantamila mila copie mi tengono alla scrivania.

E migliaia di lettori ne sono felici. So che ti scrivono ringraziandoti per le belle sensazioni che provano leggendo gli articoli, osservando le fotografie… Devo ammettere che condivido quei sentimenti. Vedere certe immagini di fioriture, angoletti di giardini, leggere dei riti e delle azioni che si svolgono in un orto, scoprire nuove piante e apprenderne le tecniche di coltivazione non solo mi è utile, ma mi provoca felicità, mi sento spuntare foglioline e radicette qua e là e lentamente sfumo nella natura.
Io chiamo Gardenia “il giardino di carta” e cerco di farlo con lo stesso spirito, abbinamento del colore, gli spazi, il senso di armonia di un luogo dentro al quale ti senti accolto. E desidero che sia veramente utile! Per fare un esempio, tutti gli anni a maggio allegavamo un inserto sulle rose. Ora l’ho spostato a ottobre, perché è quello il periodo migliore per acquistarle, a radice nuda, e metterle a dimora, durante il riposo vegetativo.
Poiché questo è un blog anche sui libri, posso chiederti che libro stai leggendo?
Diario di Lo, di Pia Pera. È la storia di Lolita raccontata dal punto di vista della ragazzina. Non l’avevo mai letto prima e ora è un modo per sentire di nuovo la voce di una persona a cui ho voluto molto bene, che ha dato uno sguardo particolare sul modo di guardare e fare i giardini, oltre ad avere collaborato con noi per tanti anni. Pia teneva anche una rubrichina, “Dentro i lavori dell’orto”, su Orti di pace, il blog che lei ha fondato.
“Coltivando la terra si coltiva anche l’anima” è una frase che abbiamo scritto su delle enormi cisterne costruite nell’orfanotrofio Sanganigwa, Kigoma, Tanzania. Pia, con sua zia Laura e la collaborazione di Gardenia, ha finanziato la realizzazione di orti in questo orfanotrofio e adesso avevano bisogno di cisterne. Cercavano una frase da incidere, che segnasse il momento di questa nuova realizzazione e che fosse facilmente traducibile in tante lingue, e “Coltivando la terra si coltiva anche l’anima” ci è sembrata la più adatta.

The Jane Goodall Insitute Italia Onlus – gli orti di Pia.
* Da Il Diavolo veste Prada: “… quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l’hai pescato nel cesto delle occasioni. Tuttavia quell’azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro, e siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori dalle proposte della moda quindi in effetti indossi un golfino che è stato selezionato per te dalle persone qui presenti… in mezzo a una pila di roba“.